Il pellet è un combustibile ecologico prodotto dagli scarti dell’industria del legname.
Poiché subisce un processo di compressione ed essicazione, a parità di volume ha molta più resa rispetto alla comune legna.
Si presenta sotto forma di cilindretti dal diametro di 6-8 mm, e viene venduto in sacchi da 15kg circa, per un costo di 3-5 euro.
E’ classificabile come biomassa: la sua combustione produce anidride carbonica e libera una percentuale di sostanze inquinanti (ossidi di azoto e di zolfo) inferiore a quella rilasciata dai combustibili fossili.
Essendo quasi privo di umidità, brucia in modo pulito e ha un residuo di ceneri inferiore a quello delle stufe a legna, che si aggira intorno all’1% del peso.
Le stufe a pellet hanno molti vantaggi rispetto alle altre tipologie di riscaldamento, sia economici che pratici.
Rispetto alle stufe a legna ad esempio non vi è la necessità di caricare continuamente combustibile, essendo le stufe a pellet dotate di un serbatoio interno. Questo incide anche sull’igiene dell’ambiente circostante e delle pareti interne, poiché si evitano le fuoriuscite di cenere e fumo che si hanno ogni volta che si carica una stufa a legna.
L’autonomia di una stufa di potenza medio-bassa, attorno ai 10 Kwh, accesa ad un regime medio, è circa di 12-13 ore…ma si arriva anche a 4 giorni per serbatoi di capienza 60 kg.
Le stufe a pellet più diffuse sono quelle ad aria, ma ne esistono anche ad acqua, dette idropellet, che possono essere collegate all’impianto termoidraulico e fungere da caldaia, fornire quindi acqua calda sanitaria e riscaldare i termosifoni.
L’ installazione di una stufa a pellet deve essere fatta da personale qualificato. Condizioni necessarie sono la possibilità di posizionare la canna fumaria e una presa d’aria collegata con l’esterno dell’abitazione, oltre alla presenza di una presa elettrica.
Veniamo all’utilizzo.
Prima di tutto si inserisce il pellet nel serbatoio, di capienza variabile a seconda del modello (dai 10 chili fino a 60 o più).
L’accensione è tutta automatica, con telecomando, avviene tramite una resistenza elettrica che diventa incandescente, non c’è bisogno di attizzare il fuoco o controllarlo, come avviene con le stufe a legna.
Durante il funzionamento il combustibile viene trascinato nel braciere attraverso un condotto e quindi bruciato.
Il calore prodotto si diffonde nell’ambiente tramite una o più ventole e i fumi vengono evacuati all’esterno grazie al tiraggio forzato.
Si può regolare la temperatura, e in molti casi anche l’orario di accensione e spegnimento.
In commercio vi sono stufe che vanno da un rendimento di 2,5 -5 kW fino a 5-25 kW.
Per riscaldare un ambiente di circa 100 m2 in media è necessaria una resa calorica di circa 10 kW.
L’impiego ottimale per una stufa a pellet è quello volto a riscaldare un unico ambiente anche molto grande, una o due stanze attigue, o una piccola abitazione, poiché il calore non si diffonde con altrettanta facilità tra pareti e porte interne.
Rispetto ad altri sistemi di riscaldamento, tenendo conto non solo del prezzo di acquisto della stufa o caldaia, ma anche della sua manutenzione e del combustibile, si può fare un confronto dei costi.
In quanto a convenienza, all’ultimo posto troviamo gli impianti a gas liquido, seguiti da quelli a gasolio.
Gli impianti di minor prezzo si rivelano poco convenienti quando si passa a considerarne anche i costi di esercizio.
Le caldaie come quelle a legna spezzata, soluzione tra le più economiche, richiedono però un lavoro maggiore dovuto alla ricarica manuale del combustibile.
Tra gli impianti a gasolio e quelli a pellet non c’è differenza di comfort, tuttavia i costi degli impianti a pellet sono circa il 44%.
[dati Centro Tutela Consumatori Utenti Alto Adige]
I costi inoltre sono ulteriormente ridotti poiché l’acquisto e installazione della stufa a pellet, in quanto intervento idoneo a conseguire risparmio energetico, gode anche della detrazione irpef 50% per le ristrutturazioni, prorogata al 31 dicembre 2013.
Per ottenerla è necessario pagare tramite bonifico bancario o postale da cui risultino: causale del versamento, codice fiscale del soggetto pagante e codice fiscale o partita Iva del beneficiario.
Nella dichiarazione dei redditi si dovranno inserire i dati catastali dell’immobile su cui si è intervenuto.
Occorre anche conservare la documentazione per eventuali verifiche.